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Archivio: Ottobre 2016
Exploriamo gli USA: Oregon, fra natura selvaggia e aziende high-tech
L’Oregon è uno Stato federato degli USA affacciato sulla costa del Pacifico e che gode di una posizione geografica favorevole confinando con due fra i più importanti Stati a stelle e strisce: California e Washington. Esso conta un numero di abitanti pari a circa 4 milioni di persone di cui ben oltre il 50% è concentrato nell’area metropolitana della città più popolosa dello Stato, Portland, in cui risiedono più di 2 milioni di abitanti.
Il soprannome dello Stato è The Beaver State, ossia “lo Stato dei castori”, animali caratteristici della regione che presenta ampie aree selvagge e numerosi corsi d’acqua dolce. Il nome dello Stato prende invece origine dalla parola francese ouragan, ovvero uragano, nome dato dai cacciatori di pellicce francesi al fiume Columbia a causa della sua la forza impetuosa. Il territorio nazionale è caratterizzato da un’alternanza di foreste pluviali, catene montuose, valli, deserti e da un clima a due facce: mite e temperato nelle zone costiere e più caldo ed arido nell’entroterra.
Molto importante poi è il Columbia River, quarto fiume più grande degli USA (possiede un bacino idrografico delle dimensioni della Francia) soprattutto per la velocità delle sue acque che gli permettono di avere un ruolo di rilievo nel processo di generazione di energia idroelettrica. In effetti le svariate dighe poste sul fiume sono in grado di produrre più energia di qualsiasi altro corso d’acqua nordamericano. Inoltre il fiume riveste una certa importanza anche per la fornitura di acqua per l’industria e l’agricoltura oltre che per il trasporto fluviale per scopi commerciali e per finalità turistiche.
Economia
A livello economico lo Stato, nel 2015, si è posizionato al 25°posto a livello federale per produzione di ricchezza stimata in circa $230 miliardi.
Storicamente la crescita economica dell’Oregon è stata spesso superiore a quella nazionale e ciò è dovuto ad una serie di ragioni fra cui: generose risorse naturali, terreni fertili, prodotti forestali di qualità, costi contenuti per la produzione di energia elettrica e posizione favorevole per il commercio con il continente asiatico, con lo Stato di Washington e la California.
Con il passare del tempo l’economia nazionale ha intrapreso un processo di diversificazione che ha portato ad un consistente sviluppo nel settore dell’alta tecnologia, in particolare nell’elettronica. Il comparto high tech è cresciuto molto rapidamente ed oggi occupa più di un quinto della forza lavoro dello Stato.
L’Oregon rimane comunque sede di alcune grandi aziende della old economy (fra cui la Nike), di diverse imprese operanti nel settore della lavorazione dei metalli e di un’industria vinicola in forte espansione. Anche il settore turistico sta crescendo rapidamente grazie al forte fascino che esercitano sugli amanti del turismo outdoor di tutto il mondo i territori incontaminati, la costa, i deserti e le montagne che impreziosiscono il suolo nazionale.
Il settore agricolo è caratterizzato dall’allevamento di estesi pascoli che contribuiscono per circa 1/3 al valore totale del comparto Food&Beverage. Per quanto riguarda le coltivazioni, i prodotti principali sono grano, patate, orzo, pere, mele ed uva mentre merita una menzione particolare l’industria della pesca del salmone, una delle più grandi al mondo.
Rapporti con l’Italia
I 4 principali partner dell’Oregon sono Cina, Canada, Malesia e Giappone. Per quanto riguarda invece i dati che più ci interessano, ovvero quelli relativi alle importazioni dall’Italia, essi sono molto difficili da reperire ma, secondo uno studio di GTIS/GTA, il valore stimato dell’export italiano verso l’Oregon ha raggiunto nel 2013 i $110 milioni, un valore tutto sommato abbastanza modesto.
Inoltre va sottolineato che esistono alcuni vantaggi non di poco conto per chi vuole investire in Oregon, fra cui spiccano le Enterprises Zones. Esse costituiscono un’ottima opportunità per le aziende che hanno intenzione di localizzarsi sul territorio nazionale. In queste aree industriali le aziende non devono pagare tasse di proprietà locali sui nuovi investimenti per un determinato periodo di tempo, che varia a seconda dei diversi programmi. Attualmente esistono ben 69 di queste zone e sono i governi locali ad essere responsabili della creazione, modifica, gestione e rinnovamento di queste aree fino al 30 giugno del 2025.
Infine va ricordato che lo Stato offre un ambiente business-friendly in quanto qui non si paga alcuna imposta sulle vendite (sales tax) e le aziende che operano in Oregon, ma vendono beni in altri stati, pagano le imposte sul reddito esclusivamente sulla base delle vendite realizzate all’interno dei confini statali.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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Exploriamo gli USA: Iowa, nel profondo Midwest si trova il cuore della produzione alimentare statunitense
“E pluribus unum” è qui l’essenza degli Stati Uniti d’America dagli albori, della sfida delle colonie alla madre patria, fino ad arrivare ad oggi e all’eccezionalità degli States sul piano sociale, politico ed economico: un’unione di realtà profondamente diverse tra loro che trovano ragione, coerenza ed equilibrio proprio nella loro eterogeneità e a volte l’armonia nella contraddizione, per quanto possa sembrare paradossale.
La corsa per le presidenziali americane ogni 4 anni, fa scoprire al mondo queste parti che formano il tutto con i media mondiali monopolizzati e congestionati dall’attenzione su realtà già pronte a tornare nel dimenticatoio per i prossimi quattro anni una volta espresso il proprio verdetto.
L’Iowa è dove inizia la corsa per le presidenziali e anche il nostro viaggio, un piccolo stato del Midwest di 3,1 milioni di abitanti - stando agli ultimi dati disponibili del 2014 - terra di farm e ranch, dove si contano otto maiali per abitante.
Uno Stato in cui i colonizzatori sono arrivati da più parti – francesi, spagnoli e anche tedeschi – ognuno con le proprie peculiarità, ma tutti dedicandosi all’agricoltura e all’allevamento ed è qui che si conta il maggior numero di allevatori di suini e produttori di grano di tutti gli Stati Uniti.
A Chicago - hub di riferimento per chi abita le lande dell’Iowa - c’è chi dice che la cosa più divertente laggiù sia guardare crescere il mais, proprio perché l’Iowa ha sempre rappresentato il cuore della produzione alimentare degli Stati Uniti, accrescendo nel tempo il suo ruolo di produttore a livello mondiale.
E’ la stessa economia locale a trarre benefici dal commercio, contribuendo con oltre il 22% sul dato occupazionale, mentre ben il 25% degli occupati nella manifattura dipendono dalle esportazioni e nel 2013 erano oltre 50.000 i lavoratori impiegati in società a capitale per oltre la metà straniero, a dimostrazione dell’interesse degli investitori internazionali per questa realtà.
Nel 2014 le esportazioni dell’Iowa in valore sono state a pari a 15,1 miliardi di dollari, mentre i principali mercati di destinazione sono stati Canada (4,6 miliardi), Messico (2,3 miliardi), Cina (943 milioni) e Brasile (502 milioni). Le imprese coinvolte nelle attività internazionali sono state circa 3.500, la cui quasi totalità (83%) è rappresentata da PMI inferiori ai 500 dipendenti.
E’ qui negli Stati del Midwest che si eprime la profonda identità americana, quella che in primis deve accettare il cambiamento e renderlo tale, elevandolo a convinzione per l’intero popolo americano ed evitando che rimanga una moda buona solo per le due coste.
Già perché come ha recentemente dichiarato in piena corsa elettorale il senatore democratico Daryl Beall, rivendica la genuinità dello spirito del Midwest ricordando come:
“Siamo conservatori, ma non reazionari. Siamo stati i primi ad accettare uno studente nero all’università e abbiamo rifiutato la segregazione razziale nelle scuole 100 anni prima del governo federale. La prima donna avvocato degli Stati Uniti ha esercitato qui.”
Il territorio dell’Iowa è ricco di risorse minerarie (calcare, sabbia, ghiaia, gesso e carbone) ma come visto la voce più significativa dell’economia è rappresentata dall’agricoltura che pesa per il 5% del PIL statale e i terreni coltivati (mais, fieno, avena, barbabietola da zucchero, grano e frutta) occupano il 75% della superficie dello stato mentre come accennato l’altra risorsa fondamentale sono gli allevamenti di suini e di bovini, mentre la silvicoltura - soprattutto legname per costruzioni ed ebanisteria - e la pesca hanno un’importanza minore.
La fertilità dei territorti dell’Iowa nasce dal più alto livello di concentrazione media di radon di tutti gli Stati Uniti, unito al grande apporto di minerali e al territorio pianeggiante con la presenza di zone collinari, ne favoriscono la coltivazione, mentre il clima è continentale con forti punte massime sia di caldo che di freddo e piogge frequenti nel periodo invernale.
Tra i principali prodotti industriali troviamo invece la produzione di macchinari, attrezzature elettroniche e mangime per il bestiame e un certo rilievo assume il comparto alimentare, ma la storia ci ricorda anche che qui fu costruito il primo calcolatore elettronico della storia nel 1939 all’università di “Atanasoff Berry Computer”, che però non è considerato il capostipite dei moderni computer, per la mancanza di memoria.
L’Iowa però è anche innovazione e facilità per fare business con uno dei più bassi costi per le imprese che vi operano, potendo contare su una forza lavoro competente e su una legislazione sul lavoro ed un clima economico dinamico e flessibile che favorisce l’installazione di nuovi insediamenti produttivi.
Andando oltre le distese di granoturco, gli allevamenti e le industrie tradizionali, negli ultimi anni anche grazie ad un’attenta politica di incentivi e di investimenti, l’Iowa si è affermato come pioniere nel settore delle energie rinnovabili e come primo stato nella nazione per generazione eolica e lo sviluppo dell’intera filiera legata alla generazione dell’energia dal vento, un ulteriore asset che si aggiunge a comprovati vantaggi logistici e strategici da ricercare nell’efficiente e capillare rete di autostrade interstatali, nei recenti investimenti nelle infrastrutture ferroviarie, che garantiscono costi competitivi in termini di scelte di trasporto ed accesso ai mercati, come dimostra la scelta di molte aziende che vi si installano proprio in ragione dei costi significativamente inferiori rispetto ad altre realtà degli States.
Provare per credere insomma come ha fatto la Sacmi Imola, leader mondiale nella produzione di macchinari per ceramiche e materiali plastici destinati a beverage, packaging ed alimenti che ha colto già da molti anni le opportunità offerte dal Midwest. Nel 1994 è stata infatti creata la Sacmi USA ed è stato avviato lo stabilimento di Des Moines, la capitale dell’Iowa, ingrandito nel 2003 fino a raggiungere gli oltre 80.000 mq ed ospitare tutte le attività negli Stati Uniti: un piccolo e significativo esempio di come le nostre PMI come sempre in giro per il mondo riescono ad affermarsi anche in realtà poco note o pubblicizzate.
L’opportunità della ribalta mediatica di cui godranno – cronometro alla mano – le diverse realtà statunitensi durante la corsa elettorale per la Casa Bianca, è certamente un’occasione per approfondire la conoscenza nello specifico di nuovi mercati di potenziale sbocco per i prodotti e gli investimenti italiani negli Stati Uniti.
E’ la conoscenza diretta e specialistica delle diverse realtà a garantire una più chiara definizione delle opportunità offerte nella complessità del mercato a stelle strisce, senza dimenticare - come è evidente - che il sogno americano attraversa e anima un continente intero.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it
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Il fenomeno del franchising: grandi opportunità per il Made in Italy negli Stati Uniti
“Lavorare per se stessi, ma non da soli”, con questa breve frase ben si riesce a condensare il senso di una particolare forma di affiliazione commerciale, il franchising, che sta crescendo esponenzialmente sul mercato statunitense e, seppure in misura più contenuta, anche in Italia.
In effetti oggi inventarsi un business è cosa sempre più difficile e rischiosa ma la formula del franchising - se di successo - può aiutare ad attutire proprio il rischio legato all’investimento. In questo approfondimento, dopo aver descritto tecnicamente il franchising, si analizzeranno i dati dell’ascesa del fenomeno negli Stati Uniti e le eventuali opportunità da cogliere per i protagonisti del Made in Italy.
Che cos’è il Franchising?
La IFA (International Franchise Association) definisce il franchising come un accordo o licenza tra due parti legalmente indipendenti che consiste, una volta siglato, in una serie di diritti e doveri:
⦁ La cessione ad una persona o un gruppo di persone (i franchisee) del diritto di vendere un prodotto o servizio usando il marchio o il nome dell’azienda di un’altra persona (il franchisor);
⦁ Il diritto da parte del franchisee di vendere il prodotto o i servizi usando i metodi operativi del franchisor;
⦁ L’obbligo del franchisee di pagare al franchisor tali diritti (franchisor fees);
⦁ L’obbligo da parte del franchisor di fornire tali diritti e di supportare il franchisee.
I modelli di franchising sono:
⦁ Franchising industriale;
⦁ Franchising di distribuzione;
⦁ Franchising di servizi.
I numeri del Franchising negli Stati Uniti
Bastano alcuni dati per rendersi conto dell’ascesa del fenomeno negli USA: 800.000 franchising operativi, 9 milioni le persone impegnate per un giro d’affari di 944 miliardi di dollari che costituiscono il 40% del totale delle vendite retail negli Stati Uniti. In effetti sono circa 1500 i diversi franchisors tra cui ispirarsi per scegliere il modello vincente: ad oggi, negli USA, un business su dodici è un franchising ed è molto semplice aprirne uno nuovo, servono circa 8 minuti. La durata media di un contratto è di 10 anni, mentre le soglie d’investimento sono molto variabili, ma mediamente si attestano attorno ai 250.000$ (esclusi i costi relativi all’ immobile).
Il settore con il maggior numero di franchising è quello alimentare, con 261.923 attività aperte che fanno del food il proprio core business (33% circa del totale) ed il marchio Subway è il più presente, con circa 26.880 punti vendita. Per quanto riguarda invece gli Stati con più franchising troviamo al primo posto la California (37.238) seguita dal Texas (28.094).
Insomma un business in netta crescita sotto tutti i punti di vista: numero di nuovi franchising, occupazione, ricavi e valore di mercato. Ma occhio a scegliere quello giusto: il brand è come un ombrello, capace di proteggere l’investitore dai rischi!
I vantaggi del Franchising
Come già sottolineato in precedenza occorre scegliere nel migliore dei modi il franchisor sul quale puntare, proprio per i rischi connessi all’investimento che spesso dipendono dagli obiettivi e dalle ambizioni di crescita e successo dello stesso franchisor. Quest’ultimo infatti, oltre a dover accrescere la brand identity del proprio marchio, ha il compito di supportare a 360° il franchisee: dall’arredamento del punto vendita, all’istruzione dei dipendenti e del management fino agli aspetti legati a produzione, distribuzione e servizi post vendita.
Un vantaggio non indifferente per il franchisee è la possibilità di ottenere un visto E2 (Investor VISA) se si investe una certa somma di denaro negli USA (100.000$) e si assumono almeno 2 persone nel corso di vita del progetto. In tal caso è importante avere un business plan articolato e ben strutturato per essere accettati dalle autorità americane.
Le forme di franchising sono tantissime e permettono di investire nei settori più disparati. I dati degli ultimi anni sono molto confortanti, segno che il franchising può essere tra gli strumenti migliori per entrare nell’importante (e vastissimo) mercato degli Stati Uniti.
Proprio su questa formula potrebbero avere successo nuovi concept legati al Made in Italy. Grandi nomi come Eataly, Camicissima, Illy, Chicco, Kiko Milano hanno già iniziato il percorso, tutti accomunati dai fattori critici di successo tipici del Belpaese: qualità, tradizione, autenticità nel gusto e nello stile.
Segnaliamo infine che, a Milano, dal 3 al 5 novembre 2016 si terrà il Salone del Franchising, il posto migliore per parlare, imparare, incontrare e approfondire il tema del franchising. Venerdì 4 novembre il Salone ospiterà l’interessante convegno con Focus sul mercato americano dal titolo “Franchising e Made in Italy: binomio perfetto per entrare negli USA”, il cui relatore sarà il dott. Alessio Gambino (founder di Exportiamo.it). Per visualizzare l’elenco completo dei convegni che si terranno nella tre giorni milanese clicca qui.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it
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"Franchising e Made in Italy: binomio perfetto per entrare negli USA"
Venerdì 4 Novembre, in occasione del 31° Salone del Franchising di Milano, si terrà il convegno “Franchising e Made in Italy: binomio perfetto per entrare negli USA”, con un focus particolare sul mondo del franchising negli Stati Uniti.
Relatore del convegno sarà Alessio Gambino, CEO di IBS North America.
Per ulteriori informazioni consultare il sito del Salone Franchising Milano.
"Professionisti e imprese verso nuovi mercati"
Martedì 8 Novembre 2016 si svolgerà a New York il seminario “Professionisti e imprese verso nuovi mercati” con la partecipazione di una serie di importanti istituzioni come:
• Consolato Italiano
• American Chamber of Commerce in Italy
• Italy-America Chamber of Commerce
• ICE New York
• Primari istituti di Credito
• Primari consulenti professionali
Per maggiori info cliccare qui.
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