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Archivio: Novembre 2016
Exploriamo gli USA: California, lo stato più ricco degli Stati Uniti
“Tutto ciò che nasce in California ha la triste tendenza a propagarsi ovunque”, con questa breve frase Jimmy Carter, 39° Presidente della storia degli States, riesce a racchiudere il carattere “dominante” dello Stato più popoloso (circa 40 milioni di abitanti) della Federazione.
Qui, ad esempio, nacque la controcultura hippie diffusasi nel giro di breve tempo in tutto il mondo esaltando gli ideali di pace e libertà e che portò avanti le istanze di una ferma opposizione alla guerra del Vietnam.
Inoltre la California è uno degli Stati più belli ed emozionanti degli USA, tappa obbligata di un viaggio on the road per chi vuole esplorare la West Coast americana fra metropoli (San Francisco, Los Angeles, San Diego), splendidi parchi naturali (Yosemite e Death Valley su tutti) ed una costa di quasi 2000 km, considerata un vero e proprio paradiso per gli appassionati di surf.
Ma la California non è solo la patria dei nuovi trend, della natura e del divertimento perché con quasi 2.450 miliardi di dollari di ricchezza prodotti la California è di gran lunga lo Stato più ricco degli Stati Uniti seguito – seppur a debita distanza – da Texas ($ 1.640 miliardi) e Stato di New York ($ 1.455 miliardi). La potenza economica dello Stato è impressionante: la California oggi è la settima potenza industriale a livello mondiale e la prima potenza agricola del mondo occidentale.
E’ inoltre incredibile pensare che all’inizio del XX secolo essa contasse un numero di abitanti inferiore a quello del Kentucky. Lo Stato, soprannominato “The Golden State” sia per la corsa all’oro che lo caratterizzò a partire dalla metà dell’Ottocento sia per le vaste distese dorate e al clima particolarmente soleggiato che lo contraddistingue, si trova ai primi posti in quasi tutti i comparti tecnologici più all’avanguardia anche se possiede una struttura economica assai varia poiché si passa dalla zona industriale di Los Angeles alla Silicon Valley, dall’agricola San Joaquin Valley alla Mother Lode Country, dalle foreste del nord alle spiagge del sud.
In definitiva l’economia nazionale è vitale, il tasso di imprenditorialità è elevatissimo (ogni anno nascono moltissime società) ed uno dei suoi simboli è certamente la Silicon Valley, considerata la capitale mondiale dei produttori di software.
Moltissime società nate in California si sono trasformate in veri e propri colossi a livello mondiale (Apple, Sun, Oracle, Cisco) ma questo non ha reso lo Stato immune dalla crisi economica del 2008 a causa della quale The Golden State ha subito gravi ripercussioni in diversi settori.
Il nome dello Stato fu usato per la prima volta da Juan Rodriguez Cabrillo che nel 1542 esplorò per primo il territorio nazionale e probabilmente deriva da un popolare romanzo spagnolo, “Las Sergas de Esplandian”, nel quale veniva descritta un’immaginaria isola paradisiaca chiamata California. Nel corso del tempo la popolazione si è trasformata fino a diventare una delle più varie nel mondo dal punto di vista etnico in ragione dei consistenti flussi migratori provenienti da America Centrale, Europa ed Asia. Lo Stato confina con Oregon, Nevada, Arizona e Messico mentre ad ovest è bagnata dall’Oceano Pacifico.
Il territorio statale può essere suddiviso in otto aree principali:
1. Monti Klamath: si trovano nel nord-ovest dello Stato ed ospitano il Mount Eddy (2744 m) e il Mount Ashland (2296m);
2. Catene montuose costiere: si estendono dai Monti Klamath fino alla zona di Santa Barbara ed è qui che si trova la famosa faglia di San Andrea, che si estende per 1300 km ed tristemente famosa per i devastanti terremoti che si sono verificati nelle sue immediate vicinanze;
3. Sierra Nevada: si estende per 430 miglia nella parte orientale ed ospita il Monte Whitney, la vetta più elevata degli Stati Uniti con 4.400 metri di altezza;
4. Central Valley: si trova tra le catene montuose costiere e la Sierra Nevada; qui scorrono i fiumi San Joaquin e Sacramento ed è una delle più importanti zone agricole a ovest delle “Rocky Mountains”;
5. Cascade Mountains: questa catena montuosa si estende dalla Columbia Britannica meridionale sino alla California settentrionale, attraverso gli Stati di Washington e Oregon, per uno sviluppo complessivo di circa 1100 chilometri ed ospita numerosi vulcani fra cui il Lassen Peak ed il Monte Shasta;
6. Basin e Range Region: questa regione fa parte di un’area assai estesa che comprende Nevada, Oregon e altri Stati in cui si trovano i deserti sudorientali della California;
7. The Los Angeles Ranges: sono un gruppo di piccole montagne che si estendono tra la contea di Santa Barbara e quella di San Diego;
8. The San Diego Ranges: occupano la gran parte della contea di San Diego e si estendono fino alla penisola messicana, area conosciuta come Baja California.
Los Angeles è la città più popolata dello Stato con oltre 4 milioni di abitanti ed una delle più importanti degli Stati Uniti configurandosi come un centro economico, cinematografico e scientifico di rilevanza mondiale anche se la capitale nazionale è Sacramento (poco più di 400mila abitanti) - importante snodo ferroviario, manifatturiero e commerciale - dove vengono prodotti e smistati in grandi quantità frutta, riso, farina e latticini. Una menzione è d’obbligo anche per San Francisco (circa 865mila abitanti) popolare meta di turismo internazionale, conosciuta per la sua vivacità culturale e le sue architetture in cui si mescolano e convivono stili molto diversi fra loro. Infine impossibile dimenticare San Diego (1,4 milioni di abitanti), la città dal clima mite in cui si alternano praticamente solo due stagioni: l’estate ed una lunghissima primavera.
Punti di forza e di debolezza dello Stato
Per tutte le aziende interessate ad investire in California è utile passare rapidamente in rassegna alcuni dei principali vantaggi e svantaggi offerti dallo Stato.
Punti di forza
• E’ tra gli Stati più innovativi al mondo;
• Numerosi settori in espansione fra cui: aerospaziale, energie rinnovabili, biotecnologie, turistico, settore agricolo (in particolare il settore vinicolo);
• Forte predisposizione al commercio internazionale;
• Presenza di quattro Zone che godono di Tax Credit particolari (EDAs – Economic Development Areas): Enterprise Zones (EZ), Local Agency Military Base Recovery Areas (LAMBRA), Manufacturing Enhancement Areas (MEA) e Targeted Tax Areas (TTA);
• Una serie di incentivi di business, consultabili cliccando qui ed una “Business Investment Guide” aggiornata a giugno 2016.
Punti di debolezza
• Costi di gestione delle aziende superiori alla media federale;
• Settore edilizio ancora in crisi;
• Rapporto sfavorevole fra livello medio dei salari e costo della vita (in particolare delle unità abitative).
Il commercio estero e i rapporti con l’Italia
I principali mercati con i quali la California intrattiene un fitto interscambio commerciale sono Messico, Canada, Cina e Giappone. Lo Stato esporta principalmente PC, prodotti elettronici, attrezzature per il trasporto e macchinari non elettrici. L’importanza del commercio internazionale è ben condensata in un dato: circa 1/7 dei posti di lavoro dello Stato derivano proprio da attività di import-export.
Per quanto riguarda i rapporti commerciali con l’Italia è complicato fornire un quadro preciso del flusso di merci Italiane in California: parte di quelle sdoganate in California prosegue infatti verso altre destinazioni, e viceversa parte di quelle sdoganate in altri Stati può poi raggiungere la California.
Comunque, secondo alcuni dati del 2013, l’export di Made in Italy in The Golden State ha rappresentato circa il 7,86% del totale delle esportazioni italiane verso gli USA per un valore di poco superiore ai 3 miliardi di dollari (interscambio complessivo è stato pari a $ 5 miliardi). I prodotti italiani maggiormente esportati in California sono bevande, macchinari, veicoli non su rotaia, grassi e olii ma - data l’ampiezza del mercato - gli spazi per una penetrazione commerciale ancor più profonda sono davvero enormi.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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CETA, quali vantaggi per UE e Made in Italy?
Il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) è un trattato negoziato di recente tra l’UE e il Canada che, una volta applicato, offrirà alle imprese europee grandi opportunità commerciali in Canada oltre che generare una ricaduta positiva in termine di occupazione nel “Vecchio Continente”.
I negoziati sono durati circa sette anni, mentre la firma definitiva è arrivata il 30 ottobre scorso.
Questi i punti salienti dell’accordo:
- Eliminazione del 98% dei dazi doganali (500 milioni di euro annui circa risparmiati dai membri UE);
- Nessuna restrizione nell’ accesso agli appalti pubblici;
- Maggior apertura del mercato dei servizi;
- Prevenzione delle copie illecite di innovazioni e prodotti tradizionali dell’UE;
- Rispetto delle norme riguardanti sicurezza alimentare e diritti dei lavoratori.
Cecilia Malmström, Commissario europeo per il commercio, ha rilasciato la seguente dichiarazione riguardo allo storico accordo:
“Attraverso questo tipo di trattati possiamo modellare la globalizzazione, poiché si va verso un controllo degli standard e i valori da rispettare per il commercio globale. Con questo accordo col Canada vogliamo costruire un ponte verso un alleato importante, creando un forte impatto per l’export, l’imprenditoria e l’occupazione. Il commercio semplificato funziona quando ci liberiamo da costi inutili e da una burocrazia lenta, riuscendo a mettere in condizione le aziende di entrare in nuovi mercati e assumere più persone”.
Anche Justin Trudeau, primo ministro del Canada, si auspica “una rapida ratificazione da parte dei 28 Stati membri dell’Unione Europea, affinché le piccole-medie aziende e i consumatori possano sentire i benefici del trattato fin da subito”.
L’auspicio degli addetti ai lavori è che il trattato entri in vigore nel 2017.
Più cauto invece il presidente del consiglio europeo Donald Tusk a causa soprattutto delle rimostranze di Paul Magnette, ministro-presidente della regione Vallonia (una delle tre regioni federali del Belgio) che ha ritardato di una settimana la firma a causa di dubbi legati alla legittimità dei tribunali d’arbitraggio (che hanno il compito di gestire le diatribe fra Stati e multinazionali) ed alcune restrizioni in campo agricolo.
I vantaggi per il Made in Italy e l’UE
Il CETA, una volta in vigore, potrebbe generare un vantaggio non indifferente anche per le produzioni Made in Italy che in Canada stanno vivendo un periodo di forte crescita, grazie anche alla consistente presenza di immigrati italiani ad Ottawa e dintorni e all’elevato potere d’acquisto di cui i consumatori canadesi possono godere.
Secondo SACE nel 2015 il totale delle merci esportate dal Belpaese verso il Canada è stato di 3.7 miliardi di euro ed è prevista una crescita fino a 4.7 miliardi nel 2019 (+27%). Da non sottovalutare il capitolo del trattato riguardante le norme sulla sicurezza alimentare, che proibisce l’entrata nel nostro mercato di prodotti ottenuti attraverso l’impiego di OGM (legali in Canada).
Un altro elemento del trattato che fa ben sperare riguarda i dati riguardanti l’interscambio di merci tra UE e Canada che, nel 2015, descrivono un saldo positivo nella bilancia commerciale per il Vecchio Continente pari a 6.9 miliardi di euro, corrispondente al 10.7% del surplus totale registrato dai 28 Stati membri col resto del mondo.
Inoltre nel corso dell’ultimo decennio il saldo per la UE è stato negativo solo in un caso (2011), con un disavanzo commerciale che si era attestato a 800 milioni di euro.
Infine è bene ricordare che l’ambizioso obiettivo del CETA sarebbe quello di incrementare gli scambi tra UE e Canada di circa 20 miliardi di euro all’anno anche se non tutti guardano di buon occhio all’accordo e si sono manifestate numerose voci critiche su una serie di temi quali il rispetto dell’ambiente, l’assenza di trasparenza in fase di negoziazione e la minor tutela dei cittadini a favore delle multinazionali.
Non ci resta dunque che aspettare per toccare con mano gli sviluppi e gli effetti che l’implementazione del CETA produrrà sull’Italia e più in generale su tutto il “Vecchio Continente”.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it
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Exploriamo gli USA: Florida, il trampolino di lancio per l’America Latina
Lo scrittore Adam Karlin dice della Florida: “Forse non c’è nessun mistero di ciò che rende la penisola della Florida così inebriante. Sabbia fine e dolce come zucchero a velo, acque calde, mangrovie fruscianti: tutto cospira per sciogliere il nostro io dei giorni feriali. Veniamo in Florida per lasciar andare tutte le preoccupazioni, l’inverno, le inibizioni e la realtà di tutti i giorni. Alcuni visitatori sognano una fuga dalla realtà tra nuotate, frutti di mare e tramonti. Altri cercano l’edonismo di South Beach, gli spring break e Key West. Altri ancora sperano di perdersi all’interno dei regni fantasmagorici di Walt Disney World ad Orlando” (t.d.a.).
Certo la Florida rappresenta tutto questo. Nei suoi 170.304 Km² di superficie possiede tutte le qualità per essere la meta turistica più ambita degli Stati Uniti attraendo circa 100 milioni di visitatori all’anno (105 milioni nel 2015). Le sue spiagge dorate e il clima tropicale l’hanno resa il punto di riferimento di tutta l’industria crocieristica del Paese.
Ma lo stato della Florida non è solo un luogo di sole, relax e abbandono cui rimanda il suo nickname “Sunshine State” bensì esso è anche uno dei maggiori centri di business del Paese ed il sesto polo di attrazione degli investimenti diretti esteri degli USA.
Data la posizione geografica e la popolazione multietnica negli anni è diventato il principale hub per le aziende americane ed europee che vogliono investire nell’area e soprattutto le società operanti in America Latina che scelgono Miami per svariati motivi: sicurezza, stabilità politica ed economica, comunicazioni e trasporti agevoli e la presenza di infrastrutture all’avanguardia.
Con una popolazione di oltre 20.271.272 milioni di abitanti distribuiti in 8 Regioni e 67 Contee la Florida conta su movimentate aree metropolitane situate vicino alla costa con paesaggi bellissimi e spiagge assolate (Miami, Fort Lauderdale, West Palm Beach, Boca Raton, Jacksonville, Daytona Beach); e città situate più all’interno dedite alle attività commerciali come Orlando, sede della Walt Disney company e Tallahassee, la capitale, così come gli agglomerati urbani di Tampa, Sarasota, St. Petersburg, Pensacola, Naples, Gainesville, Ocala, Panama City, Fort Myers e Fort Pierce, località balneari in forte crescita demografica.
Il PIL nel 2015 è stato pari a $ 893.189 miliardi (il quarto più alto fra i 50 Stati federati) con una crescita del 1,6% rispetto all’anno precedente ed è il risultato del valore prodotto da quattro settori principali: crociere, aerospazio, energia ed Information Technologies.
Crociere
Come dicevamo la Florida è il punto di riferimento per tutti gli aspetti di gestione strategica e operativa dell’industria crocieristica statunitense. Le principali holding e società del settore hanno sedi in Florida, in particolare i due principali gruppi che controllano il 71,5% del mercato globale hanno la sede amministrativa e organizzativa a Miami. Parliamo della Carnival Corporation (proprietaria di 11 diversi marchi tra cui Carnival Cruise Lines, Costa Crociere, Cunard Lines) e della Royal Caribbean Cruises (che possiede Royal Caribbean International, Celebrity Cruises e Pulmantur).
Inoltre la presenza degli altri “mayor players” del mercato, quali Star group (che possiede Norwegian Cruise Lines, Star Cruises e Orient Lines) e la società MSC Cruises, che hanno sede a Miami e Fort Lauderdale, attesta definitivamente l’importanza strategica della Florida per il settore.
Settore aerospaziale e aviazione
La Florida è stata per lungo tempo la porta del mondo per raggiungere lo spazio, un indiscusso centro del traffico aereo delle Americhe, un importante hub per l’addestramento dei piloti di aviazione, e sede di importanti produttori di tutti i tipi di componenti aeromobili. Di conseguenza, la Florida è dotata di una ricca catena di fornitura di prodotti e di talenti a beneficio delle imprese di areonautica. Non c’è da stupirsi se i maggiori leader del settore, tra cui Boeing, Embraer, General Dynamics, Lockheed Martin, Northrop Grumman, Pratt & Whitney, Sikorsky, svolgono su questo territorio alcune fra le più importanti funzioni produttive.
Risorse energetiche e cleantech
Il fabbisogno di energia elettrica della Florida è ampiamente coperto dalle 6 aziende private, 34 municipalizzate e 17 rurali presenti sul territorio. La Florida è il quinto maggior produttore di energia elettrica degli Stati Uniti e con i suoi quasi 60 milioni di kw è il quarto Stato come capacità installata e il terzo stato USA per quanto riguarda il consumo di energia. Ma gli abitanti della Florida non si sono adagiati sugli allori e hanno capito il legame innegabile che esiste tra sostenibilità e economia, e stanno costruendo un settore cleantech robusto dando particolare risalto a energia, l’efficienza e le tecnologie ambientali. E’ per questo lo stato è diventato sede dei più grandi innovatori del settore come Mitsubishi Power Systems Americas, Siemens Energy e Saft.
Information Technology
La Florida è sempre stata in prima linea nel settore delle Information Technologies sin dalla nascita di IBM PC a Boca Raton nel lontano 1981. I punti di forza del settore all’interno dello Stato sono diversi, e vanno dalle applicazioni nel campo della fotonica, alle tecnologie mobili, dalle apparecchiature di comunicazione a quelle di modellazione e simulazione. Lo Stato infatti ospita il più grande cluster di modellazione, simulazione e formazione (MST) del mondo, con oltre 300 aziende e 22.500 professionisti del settore. Queste società sono impegnate nella costruzione di prototipi per la simulazione nell’ambito della difesa, medico, intrattenimento, istruzione e altri settori. Anche nel campo dell’industria creativa la Florida non si fa mancare nulla. Il Sunshine State ospita oltre 4.200 aziende che lavorano nel campo dei Digital Media e che impiegano circa 11.000 persone nello sviluppo di alcuni dei migliori videogiochi, applicazioni mobili ed altre tecnologie multimediali digitali al mondo.
L’appartenenza o meno a uno di questi settori non salva l’investitore dal richiamo di questo territorio ricco di opportunità. Soprattutto dopo aver dato un’occhiata alle agevolazioni offerte dallo Stato agli investitori stranieri. Prime fra tutte le Zone extradoganali, presenti in gran quantità (undici, situate vicino ai porti o aereoporti di Fort Lauderdale, Miami, Jacksonville, Orlando, Panama City Tampa, Palm Beach), esse permettono alle merci di entrare nello stato senza fare dogana o pagare tasse.
Le merci una volta entrate possono essere immagazzinate, re-impacchettate, esposte, pulite, riparate o distrutte. Se il prodotto finale è poi esportato infine fuori dagli Stati Uniti non sarà soggetto alla tassa doganale, se invece il prodotto è importato negli Stati Uniti esarà soggetto alla tassa ma solo nel momento di formale entrata del prodotto nel mercato americano. Lo scopo di queste “Foreign Trade Zones” è di permettere lo stoccaggio delle merci in attesa di condizioni del mercato più vantaggiose per effettuare le operazioni di import-export a costi più bassi.
La Miami Free Zone (MFZ), in particolare, permette alle aziende che desiderano stabilire una presenza sul mercato statunitense – ma soprattutto latino americano e caraibico - di operare in una base logistica dotata di attrezzature all’avanguardia e di servizi di immagazzinamento e smistamento.
Questo vantaggioso sistema di stoccaggio, rende la Florida un tra i paesi leader nell’attrarre investimenti diretti esteri, posizionandolo al 6 °posto negli Stati Uniti per numero di imprese composta a maggioranza di proprietà estera. Addirittura, per facilitare gli IDE, il Paese ha costituito dei centri regionali (chiamati EB-5) che offrono agli stranieri facenti parte del programma di EB-5 Investor Visa la possibilità di ottenere la residenza permanente negli Stati Uniti.
Una scelta non da poco considerando le difficoltà di reperire un visto statunitense negli ultimi anni!
Fonte: a cura di Exportiamo, di Cristina Pizzolato, redazione@exportiamo.it
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Exploriamo gli USA: South Dakota, alla scoperta dello "Stato del coyote"
Il South Dakota prende il nome dalla tribù di Nativi Americani Lakota (Sioux) e venne ufficialmente ammesso tra gli Stati federati il 2 Novembre 1889. Esso confina a nord con il Dakota del Nord, a sud con il Nebraska, a est con Iowa e Minnesota, a ovest con il Wyoming e il Montana. Lo Stato è diviso in 66 contee e quattro regioni: Drifit Prairie, Dissected Till Plains, le Grandi Pianure e le Black Hills.
La capitale è Pierre (13.646 abitanti, la meno popolata degli Stati Uniti dopo Montpelier nel Vermont), ma le città più grandi sono Sioux Falls (142.396 abitanti), Rapid City (62.715 abitanti) e Aberdeen (24.071 abitanti).
La popolazione totale (858.469 abitanti) secondo un censimento del 2015 è cresciuta del 5,44% in 5 anni, con un graduale abbandono delle aree rurali a favore delle città più grandi o di altri stati federali. Il fiume Missouri attraversa la parte centrale del South Dakota e ne definisce anche l’aspetto paesaggistico: a est troviamo colline basse e laghi glaciali, mentre a ovest del fiume ci sono canyon profondi e paesaggi stile western. Non a caso questa è definita la terra delle infinite diversità.
In generale il clima è continentale, con inverni freddi ed estati calde: non rare sono le precipitazioni nevose molto forti (blizzard) e i tornado.
Ma la vera ricchezza del South Dakota è nella parte suboccidentale dove si estendono le Black Hills (“Colline Nere”) ricche di minerali come oro, argento, rame e piombo: qui si trova la Homestake Mine, una delle più grandi miniere d’oro degli Stati Uniti.
ECONOMIA E EXPORT
Il PIL prodotto dal South Dakota nel 2015 è stato di 45,415 milioni di dollari (terzultimo posto prima di Wyoming e Vermont) mentre il reddito medio pro capite è stato stimato in $ 38.865 (25° tra gli stati federali).
L’economia si basa prevalentemente sul comparto agricolo (10° esportatore degli Stati Uniti nel comparto agricolo) grazie alle produzioni di fieno, mais, segale, semi oleosi, miele e grano nei vasti territori pianeggianti presenti soprattutto a est (il South Dakota è per estensione il 16° stato degli USA). Forte la presenza anche di allevamenti (in particolare bovini e suini), mentre le industrie sono prevalentemente concentrate nei settori estrattivi, trasformazione dei prodotti alimentari e lavorazione del legno.
Il South Dakota ha esportato nel 2014 circa 3,7 miliardi in beni e 1,3 miliardi in servizi (+139% nell’ultimo decennio, l’8% circa del PIL totale) grazie soprattutto alle piccole-medie aziende che costituiscono il 75% del tessuto economico. I prodotti esportati (in particolare semi oleosi, grano, cereali, carne, macchinari da costruzione e servizi creditizi) hanno visto come principali destinatari la Cina, il Canada e il Messico. In crescita anche l’export verso Cile, Arabia Saudita, Australia e Regno Unito (soprattutto nel settore dei servizi per i notevoli vantaggi dal punto di vista fiscale).
Altra fonte di reddito importante è il turismo che pesa sul PIL per circa 2 miliardi (oltre alle 33.000 persone occupate) e poggia le proprie basi soprattutto sulla varietà paesaggistica e la folta presenza dei nativi Sioux, che grazie alla loro aura leggendaria riescono ad attrarre tantissimi turisti da tutto il mondo.
Infine da un punto di vista fiscale il South Dakota è uno degli stati che offre maggiori vantaggi a chi vuole fare business negli States: infatti non esistono imposte societarie, né personali, né su eventuali profitti da capitale (capital gains tax). La sales tax è del 4.5%, tra le più basse negli Stati Uniti, ma può arrivare fino al 6% nelle città principali.
Secondo la lista stilata nel 2016 dalla CNBC il South Dakota è al 19° posto nel ranking dei migliori stati federali dove fare business e non a caso sono circa 9.600 i dipendenti (di cui 5000 impegnati nel settore manifatturiero) attualmente legati a società d’investimento estere provenienti in particolare dal Canada (2.400 dipendenti), Gran Bretagna (1.900), Germania (1.600) e Francia (1.000).
Il South Dakota, soprannominato anche lo Stato del coyote, per la massiccia presenza di questo mammifero nonostante le sue ridotte dimensioni può dunque rappresentare una meta interessante per investitori e PMI italiani ed internazionali.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it
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Exploriamo gli USA: New Mexico, un "pezzo di Spagna" negli States
Il New Mexico è uno Stato federale considerato “spagnolo” in quanto lo spagnolo è la sua seconda lingua ufficiale, dopo l’inglese. Esso è attraversato dal terzo fiume più lungo degli USA: il Rio Grande ed è animato dalla fusione di tre grandi culture: quella anglosassone, quella ispanica e quella nativa americana.
Il New Mexico è posto a sud ovest degli Stati Uniti e confina a sud con il Messico, a nord con il Colorado, ad ovest con l’Arizona e ad est con il Texas e l’Oklahoma. Geograficamente il terreno è molto variegato ma tendenzialmente brullo ed alterna grandi distese desolate a montagne che raggiungono i 4000 metri di altezza e che si presentano sempre innevate.
Tale conformazione geografica rende inevitabilmente il New Mexico uno Stato marcatamente rurale e scarsamente popolato. Le città più importanti dello Stato sono: Albuquerque (545.852 abitanti - pari ad oltre il 25% della popolazione totale), Las Cruces (97.618), Rio Rancho (87.521), la capitale Santa Fe (67.947) e Roswell (48.366), situata ad oltre 2000 metri di altezza.
All’interno dei confini statali si è sempre riscontrata una forte presenza di popolazione nativa, i cosiddetti pueblo, che hanno lottato per mantenere il controllo del proprio territorio scontrandosi più volte con i coloni spagnoli e con i missionari che coercitivamente pretendevano di convertire la popolazione al cattolicesimo. L’arrivo dei cacciatori di pelli e minatori spagnoli cambiò la situazione e il boom economico di fine ‘800 fu favorito dalla creazione della Santa Fe Trail, una antica via commerciale del Nord America, lunga circa 1400 km, che collegava Santa Fe nel Nuovo Messico con Franklin nel Missouri. A partire dall’inizio del XX secolo alcune colonie di artisti animarono la zona attorno a Santa Fe e nel 1943 una équipe di scienziati mise a punto, proprio in New Mexico, la bomba atomica.
La vicinanza al Messico fa sì che la percentuale di ispanici presenti nello Stato sia molto alto ed infatti essa supera il 46% contro un 16,2% della media statunitense. Altro dato degno di nota è la percentuale relativamente alta dei nativi indiani americani (9,4% contro una media federale dello 0,2%). La contea più popolosa è quella di Bernalillo che da sola rappresenta oltre il 32% della popolazione totale dello Stato ed oltre tre volte la contea di Doña Ana, seconda in classifica. La contea che ha fatto registrare il maggior sviluppo è quella di Sandoval con una crescita di oltre il 46%.
Perché il New Mexico
Clima: il clima temperato del New Mexico e il basso rischio di disastri naturali ed eventi climatici estremi consente di fare business con maggiore serenità rispetto a molti altri Stati. Inoltre grazia al clima favorevole numerose attività ludiche possono essere svolte durante l’intero arco dell’anno: dallo sci alla pesca dalle passeggiate in bicicletta allo sci nautico;
Fisco amico: le tasse sono state ridotte 24 volte dal 2011 e Kiplinger definisce il New Mexico l’ottavo Stato con la tassazione più amichevole;
Forza lavoro produttiva e presenza di uno dei cinque migliori programmi di formazione professionale del Paese che supporta le aziende sin dal 1972, rimborsandole per le spese di formazione rivolte a creare nuovi posti di lavoro;
Tecnologie per la manifattura avanzata: la ricerca a supporto delle tecnologie all’avanguardia realizzate da tre università e centri di ricerca riconosciuti a livello nazionale, offre risorse uniche alle aziende. Infatti, le aziende, possono avvalersi dell’aiuto di un ricercatore specializzato sfruttando il NMSBA program. Inoltre il Center for High Tech Materials e il Center for Integrated Nanotechnologies supportano il settore manifatturiero offrendo accesso alle loro strutture;
Logistica avanzata: l’accesso ai mercati in rapida crescita della nazione è garantito da un’efficiente sistema di infrastrutture e dall’ubicazione dello Stato. Il Borderplex offre una combinazione unica di asset logistici sulla frontiera del Messico con una ampia zona cargo, l’ Union Pacific ha aperto un terminal da 400 milioni di dollari sulla Sunset Route nel 2014 e più di un milione di metri quadri di spazi industriali sono stati realizzati a Santa Teresa negli ultimi 4 anni.
Commercio Internazionale
Il più importante partner commerciale del Nuovo Messico, data la vicinanza geografica e culturale, è il Messico seguito da Canada, Germania e Cina. Lo Stato, soprannominato “The Land of Enchantment”, esporta soprattutto computer ed elettronica, macchinari non elettrici e manufatti di metallo.
Infine si segnala che fra i settori più importanti e strategici dell’economia nazionale figurano energia, aerospazio, difesa, agricoltura e nuovi media.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Valeria Gambino, redazione@exportiamo.it
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Exploriamo gli USA: New Jersey, stato nevralgico per l' interscambio Italia-USA
Il New Jersey, con poco meno di 9 milioni di abitanti su una superfice di 22.608 km2 è lo Stato più densamente popolato degli Stati Uniti (388,88 abitanti per km quadrato). Posto sulla costa dell’oceano Atlantico e con un territorio di poco inferiore a quello della Toscana, il New Jersey è anche detto The Garden State (lo “Stato giardino) per la diffusa presenza di aree verdi sul suo territorio.
Esso confina a Nord con lo stato di New York e a Sud con Pennsylvania e Delaware. Il fiume Hudson separa il New Jersey nord-orientale da New York City. Il capoluogo è Trenton (82.804 abitanti), ma la città più popolosa e importante è Newark (502.000 abitanti), dove si trova il Newark International Airport, uno degli aeroporti più trafficati degli Stati Uniti a soli 24km da Manhattan.
Non meno importante è il porto di Newark/Elizabeth, uno dei più attivi negli Stati Uniti e senza dubbio il più importante nell’area Nord-Est, anche perché è stato il primo porto al mondo attrezzato per lo sbarco di container. Attualmente le attività ad esso connesse occupano 230mila persone per un giro d’affari di oltre 100 miliardi di dollari annui.
A livello socio-culturale il New Jersey è uno degli stati più eterogenei per razza e religione, ma è anche lo stato con la maggior presenza di italoamericani (17,9% secondo un censimento del 2000).
Economia
Il New Jersey ha un prodotto interno lordo di 579 miliardi di dollari USA che lo colloca all’8° posto tra gli Stati americani. Il Pil pro capite invece è di 46.328 dollari annui, al 5° posto a livello federale, con una disoccupazione (4,2%) che si mantiene in linea con la media nazionale.
La ricchezza del New Jersey è dovuta principalmente alla sua posizione, che lo rende un crocevia ideale per l’industria, il commercio ed i trasporti. L’economia si basa prevalentemente sull’industria pesante, sulla chimica e sulla raffinazione di prodotti petroliferi. Altri settori di primo piano sono l’industria alimentare, le forniture elettriche e l’informatica. Ingenti anche gli investimenti in ricerca e sviluppo (circa il 5% del totale nazionale), che fanno del New Jersey uno degli Stati più innovativi (basti pensare che qui sono nati la televisione a colori, la radio FM, il display a cristalli liquidi e la batteria al litio).
Ma il settore più importante è sicuramente quello della farmaceutica, grazie alla presenza di azienda di dimensioni planetarie come:
- Johnson & Johnson con sede a New Brunswick;
- Merck, con sede a Readington Township;
- Schering-Plough, con sede a Kenilworth;
- Wyeth, con sede a Madison.
Anche molte aziende leader della finanza come Dow Jones Information Services Group, Merril Lynch e HP Financial Services si sono stabilite per le attività di back-office nello stato del New Jersey, grazie alla prossimità con Wall Street e i costi di gran lunga più contenuti rispetto alla contigua New York City.
Commercio Estero
In termini di traffico di merci da e verso l’Italia, il distretto doganale di NY/NJ rimane il primo in assoluto con un valore totale che oscilla fra i 15 ed i 20 miliardi di dollari di merce importata, pari ad oltre il 30% dell’interscambio tra USA e Italia. La composizione merceologica dell’export italiano vede spiccare alcune categorie fra cui macchinari, seguiti da abbigliamento, calzature, pietre e metalli preziosi e bevande.
Va precisato che questi dati si riferiscono al valore totale della merce che viene sdoganata nel New Jersey, che poi può essere trasportata e venduta in altri stati limitrofi. Inoltre sono 5 le zone franche istituite dall’US Department of Commerce nel New Jersey, che fanno dello stato un punto nevralgico per i traffici di beni commerciali.
Perché investire in New Jersey
I programmi di investimento in New Jersey sono vari: oltre alla Economic Development Authority (EDA) ci sono altre entità locali importanti col quale interfacciarsi come la New Jersey Redevelopment Authority (che finanzia progetti di rivitalizzazione delle aree urbane), il South Jersey Economic Development District (che promuove lo sviluppo economico della parte meridionale dello stato) e la Cumberland Development Corporation (che promuove gli investimenti nell’ omonima contea). In generale i programmi si dividono in 3 categorie:
1. Cash grants: ovvero contributi a fondo perduto e altre agevolazioni di natura fiscale, solitamente riservati per progetti di rilevante impatto economico e sociale;
2. Tax credits: ovvero crediti d’imposta, che mirano a ridurre l’ammontare della tassazione per un determinato periodo di tempo. Solitamente sono concessi per investire all’interno di zone a basso redito e per progetti con finalità sociale;
3. Below market financing: ovvero finanziamenti a basso costo per attrarre nuovi capitali.
A livello fiscale, come gli altri Stati, il New Jersey ha un’imposizione fiscale societaria calcolata sul reddito imponibile prodotto, sulle vendite e sul valore della proprietà. Va comunque detto che secondo un rapporto elaborato da Tax Foundation il New Jersey è lo Stato col carico fiscale più elevato del Paese, per una media pro capite dell’11,8% del reddito personale, rispetto alla media nazionale che si aggira attorno al 9,7%.
In conclusione, nonostante i costi generalmente più alti rispetti alla media nazionale, il New Jersey è un punto strategico di accesso importante per gli Stati Uniti ed è sicuramente uno degli Stati da tenere in considerazione se si decide di investire oltreoceano, anche per l’incredibile rete infrastrutturale di cui dispone e che gli permette di gestire con efficienza i rapporti commerciali con tutta la costa orientale degli States.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it
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